La voce del padrone
Lo ammetto. Non posso dire di essere un “fan” storico di Battiato. Ma mi è sempre piaciuto. Non ho tutti i suoi dischi... anzi non ne ho nemmeno uno. Non so dirvi perché. All'epoca che uscivano i suoi LP più famosi (eh già... un tempo non c'era lo streaming... La musica arrivava attraverso “cose reali” in forma circolare di plastica vinilica... quelli piccoli erano i “Singoli”, quelli grandi i “Long Plaing”... LP.) io avevo tra i diciotto e venticinque anni, e gran parte delle mie risorse finanziarie finivano in un negozio di Viterbo, a via dell'Orologio Vecchio, chiamato (con ben poca fantasia) “Music Shop”... ma di Battiato, mai nulla.
Sinceramente, avevo un po' paura dei suoi dischi; troppo “sperimentali” i suoi “Fetus” e “Pollution”, troppo intellettuali i suoi “Clic” e “L'Egitto prima delle sabbie”, appena mitigati da una prima svolta un po' più commerciale con “L'era del cinghiale bianco” e “Patriots”.
Poi, nel 1981, esce “La voce del padrone”, disco monstre da un milione di copie vendute... ma neanche quello finisce nella mia discoteca privata... Ma le canzoni di quell’album si, che, volente o nolente, canto per quasi due estati (tutte!) diventando la colonna sonora della mia giovinezza per un paio di anni.
Poi, le cose cambiano, e lo perdo. Mi perdo, oserei dire, perché la musica comincia man mano a scemare nei miei tempi biologici, e non è più parte integrante della vita come lo era stata in precedenza. Da fonte primaria diventa un sottofondo al tempo libero, poi un eco dalla radio accesa in bagno... poi... nulla.
Mi ci sono voluti trenta anni buoni perché tornasse al centro della mia vita, grazie ad una fortunata follia di una sera e una scommessa con me stesso e con amici del cuore che la insegnano. Ma ora sono qua, e non solo ad ascoltare, ma a “fare musica”. E capita che quella colonna sonora del 1981 di viene proposta come esercizio.
“Io cantare Battiato? Ma non se ne parla neanche!”. La prima risposta, non detta, è sempre la stessa ad ogni brano cha la mia amica, diventata “la mia docente”, mi propone. Non detta, perché so che lei sa scegliere. Non detta, perché so che tanto, anche se la dico apertamente, la situazione non cambia punto.
“E vabbè” Proviamoci...” penso tra me e me... Ma come si fa ad entrare nel “mood” per cantare “Summer on a solitary beach”, brano di apertura dell'LP “La voce del Padrone”?
Anche non essendo un tuo “fan”, Battiato, so che nulla che tu facevi era a caso; il pensiero precedeva sempre la stesura dei brani, come pure la giustapposizione sul vinile. E per poter provare a cantarti debbo sapere il percorso che avevate fatto te e Giusto Pio scrivendo quell'LP mitico.
Così mi seggo davanti al Mac, metto la cuffia, vado su YouTube e cerco il disco... e faccio quello che un tempo facevo, che ora non si fa più. Persi come siamo nel cogliere la musica a morsi, dallo speaker di uno smarthphone mentre vaghiamo col corpo e con la mente tra mille altre attività, abbiamo smesso di ascoltare l'opera di un musicista nel suo insieme, ma ne cogliamo un frammento. Come se andassimo a contemplare la Pietà di Michelangelo e, invece di ammirare il tutto, fissassimo solo una falange del Cristo, o una parte del velo della Vergine. Non stavolta, però.
Sette brani, per un totale di trenta minuti e cinquantatre secondi; tre sul lato A, quattro sul B; il mio è all'inizio, ma per capirlo e cantarlo debbo immergermi in tutto quello che Battiato ha voluto comunicare.
E trenta minuti dopo riemergo con la sensazione di aver ascoltato un meraviglioso percorso che mi ha portato ad ascoltare il suono delle onde su una spiaggia del nord Africa (Summer on a solitary beach), per poi portarmi in città a confrontarmi con tutti gli stereotipi che la animano (Bandiera bianca); e per stemperare la delusione del mondo poi mi fa alzare gli occhi al cielo per contemplare il volo degli uccelli (Gli uccelli). E di nuovo in città, tra i banchi di scuola, tra ore di religione e di epica popolate delle canzoni che si sentivano a quei tempi e che si sovrappongono fino a sostituire le parole dei docenti(Cuccuruccuccù ). E poi di nuovo a fissare il cielo, stavolta di notte, per immaginare e cercare altri mondi e altre presenze tra le stelle (Segnali di vita). E poi di nuovo nel mondo, stavolta a cercare il lato spirituale di noi stessi, tra bonzi, viaggi in Cina filosofie esoteriche, ma disturbate dalla società del consumo e dalle sue musiche ossessive, alla ricerca di una stabilità nella propria vita (Centro di gravità permanente), per finire poi in qualcosa che è molto umano, il piacere del sesso ma che diviene anch'esso un incantesimo da gustare ad occhi chiusi (Sentimento nuevo).
Riemergo, dicevo, con la consapevolezza di dover interpretare l'introduzione ad un lungo viaggio in noi stessi. Con la voglia di provare a entrare un poco nella mente di Battiato su quella spiaggia dove lui ascolta le onde prima di ritornare a riflettere “sul tutto e sul nulla”, tra terra e cielo.
E dovrei io cercare, in tre minuti, di fare tutto ciò? Impossibile... ma, rubando una strofa di “Sentimento nuevo” è bellissimo perdersi in questo incantesimo.
Il mio augurio, per i dieci che leggeranno queste righe, è di sedersi per trenta minuti, di usare una cuffia per estraniarsi per mezz'ora dal mondo e, ad occhi chiusi, farsi trascinare da Battiato tra terra e cielo.

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