VIVO MORTO... O X?

Continua il mio diario mentre cammino sul pianeta "musica"... Oggi parlo di come una voce rock può nascere dentro l'abitacolo di una vettura grazie ad una settimana di "m...", una insegnante appassionata e creativa che vuole il tuo bene, un riff di un vecchio rocker...
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Senti Marco, io avrei pensato per questo nuovo anno di iniziare a farti studiare qualcosa di profondamente differente da tutto quello che abbiamo fatto nell'anno passato, così da poter esplorare nuove tecniche. Per questo pensavo di farti cantare una canzone di Ligabue.”... le parole erano queste... o giù di lì.

Te sei tutta scema, Daniela.” Non lo dico. Ma lo penso. Non lo dico per prima cosa perché lei è la mia docente, e le devo rispetto, e anche perché le voglio bene come fosse mia figlia (anagraficamente possibile, visto che sua madre ha la mia stessa età), anche se non l'ho mai pensata come tale; per qualche strano cortocircuito della vita, da che ci conosciamo, ci trattiamo come fossimo pressoché coetanei, pensa te!

Il brano in questione è uno di quelli del “vero” Liga, prima che diventasse un “prodotto musicale” piuttosto che un “produttore di musica”: “Vivo, morto o X”. Non è che non mi piaccia il “...pezzo rock con venature di blues che apre il quarto album” (come recita Wikipedia).

E non è neppure che non mi piaccia il rock in generale, allattato come sono stato a Deep Purple e Huria Heep dai dischi di mio cugino e ad AC/DC da quelli dei miei compagni di classe del liceo. E' solo che non fa per me; non ho mai neppure provato a canticchiare le canzoni rock che ascoltavo ed ascolto. Non è la mia voce, abituato a cimentarmi fino a dove arrivo con Claudio Baglioni o, al massimo, Gino Paoli (lì ci si arriva meglio... e poi tanto Gino, prima o poi, ci infila una stecca, si sa). E poi, come si fa a passare dallo studio di De Andrè o di Leonard Cohen a Liga?

Ma quello è il Marco “logico” (pressoché “neo-melodico”) che parla, anzi, pensa (e per fortuna che i pensieri non escono sopra la testa come nei fumetti), mentre dalla bocca, inaspettatamente, escono le parole del Marco “eterno bambino”: “ Si, perché no?”

Ho già spiegato altre volte che, esattamente un anno fa, ho iniziato lezioni di canto. Ho iniziato così come ho iniziato molte alte cose nella mia vita; per una scommessa, spesso persa con qualcun altro, altre volte con me stesso; il che, non fa alcuna differenza. Così scalare montagne, aprire una chiesa, giocare a rugby, andare in missione in Africa, diviene una finestra da cui un ipotetico me stesso guarda fino a dove quel Marco lì riesce ad arrivare e cosa riesce ad imparare; non tanto “per se”, ma “di se”.

Uscire fuori dalla “comfort zone”, l'area confortevole dove a ognuno di noi piace trascorrere gran parte del tempo, perché sappiamo, a grandi linee, cosa accade, come ci si deve comportare, quali strade percorrere, quali incroci prendere... salvo poi rimanere spiazzati da qualche “dead end”.

Ma stavolta, lo ammetto, il passo è grande per il Marco “logico”. Quello che a malapena riesce a mettere due note in croce senza stonare (forse qualcosa di più dopo un'anno) su canzoni “tranquille”, dove l'unica difficoltà è cercare di usare la voce con cui parla al telefono portandola in regioni subsoniche o ipersoniche, ora dovrebbe trovare una voce da “rocker”? Ci vuole la grinta, la “cattiveria” di aggredire un testo, di fargli male graffiandolo, sporcandolo, rendendolo ruvido...

Ti metti lì, davanti al microfono... e provi... e provi... e provi... Ma niente! La voce esce come quella di Pupo in “Gelato al cioccolato”... Tutto inutile; proviamo almeno ad essere a tempo e intonati, và, “che sabato c'è la lezione con la Daniela” ...

Poi passi una settimana dove al lavoro ti capita di tutto di più, dove la pressione non si misura più in millibar ma in atmosfere per centimetro quadrato, dove vorresti prendere a calci un bel po' di responsabili vendite e direttori generali per quanto sono idioti e meschini... ma non puoi; e abbozzi, sorridi, e ingolli. Tutto dentro.

Guidi l'auto verso il lavoro, e per passare il tempo, metti su la base di Liga, a palla... e canti... e quel “tutto dentro” comincia a uscire... assieme al rock.

Canti con rabbia (chissà cosa pensano gli altri da fuori? Speriamo non sentano!), canti squarciando le parole come se le stessi sbattendo in faccia a chi ti ha reso la vita difficile in quella settimana...

La musica, deve avere una sua anima, perché ti risponde, comprende come stai, scava dentro te e trova quello che cercavi e non hai trovato e ti dice “Eccolo, Marco! Lo vedi che c'era? Bastava cercare bene!” La voce si increspa, si abbassa, arriva addirittura un “vibrato” che non avresti mai pensato di avere! Certo, non è la voce del Liga, ma per ora basta e avanza!

Basta, per vedere dove questa altra curva della vita ti conduce, quale orizzonte nuovo si dischiude aldilà della tua paura di cantare il rock...

Lo fai, e mentre lo fai, capisci che stai conoscendo qualcosa di te che non sapevi o che, forse, si crea nuovo in te attraverso una sfida, una insegnante appassionata, un urlo e un riff... per lasciarti diverso..

E per davvero “Vivo, morto o X”...





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