Free as a bird
Non so se sia dovuto a qualche strano processo ormonale, o forse al fatto che, più si va avanti negli anni, più si matura la consapevolezza che le emozioni vissute hanno scavato nel nostro cervello dei solchi così profondi tanto da iniziare a scoprire la vera parte di noi, quell'anima che, quando eravamo giovani, nascondevamo nel profondo ricoprendola di strati di cinismo che ci permettevano di andare veloci e di non soffermarci troppo a riflettere.
Qualunque cosa sia, sta di fatto che mi commuovo sempre più spesso... e talvolta è imbarazzante... come l'altra sera.
Da circa tre anni (chi mi legge, lo sa) ho iniziato la mia avventura nella musica. Intendete, io ho dalla mia prima infanzia ascoltato musica in grande quantità e di qualsiasi genere, salvo “dimenticarmi” per una buona ventina di anni di farlo su base quotidiana, troppo preso dalla vita lavorativa, dal crescere figli e dal fare il pastore di una piccola comunità protestante. Ma adesso sono passato “dall'altra parte del microfono”, iniziando una scuola di musica e cimentandomi nel canto.
Da qualche tempo la mia docente mi ha convolto in quello che chiama “vocalab”, ovvero un gruppo di cantanti che studiano assieme più brani. Devo confessare che, irrequieto come sono e di natura tendente al narcisismo, avevo più di un dubbio sulla mia effettiva capacità di amalgamare la mia voce alle altre o di essere in qualche modo utile, ma tant'è.
Fatto sta che, alla fine, lei è riuscita non solo a convincermi a partecipare, ma anche a farmelo piacere. E, tanto per non farsi mancare nulla, mi ha anche dato altri pezzi dove il mio brano solistico prevede seconde e terze voci come armonia, e altri ancora dove io sono la voce a supporto di altre. Alla fine, per il saggio di fine anno accademico, mi ritroverò a cantare sei brani (con una punta di malcelato orgoglio).
Tutto ciò presuppone una serie di prove assieme, fatte prima con basi pre-registrate e, alla fine e in prossimità del saggio/concerto, con altri studenti veri che suonino “live”. L'uso a cantare lo stesso brano per una serie quasi infinita di volte, alla ricerca della perfezione nei minimi dettagli (che raramente si raggiunge, ma ci si prova sempre) fa si che, alla fine, il complesso sistema che regola il canto fatto di diaframmi, corde e laringi diventi quasi una entità a se, imparando in autonomia a gestire il tutto, e possa fare anche un po' più a meno della mente la quale, svincolata dalle tensione, può finalmente rilassarsi e “ascoltare” piuttosto che controllare.
E questo è ciò che mi è successo, proprio nell'ultima prova prima del concerto, mentre cantavamo assieme “Free as a bird” di John Lennon, quando, finalmente libero dal dover stare attento a tutto, ho permesso alla mente di ascoltare il “rumore” che facevano le nostre voci assieme, e di riflettere su ciò che stavamo cantando... Ed è lì che è successo, per l'ennesima volta ormai, quello che mia nonna Ida aveva pronosticato cinquantasei anni prima.
La musica, e le parole, hanno attraversato come un torrente in piena il solco profondo scavato negli anni, raggiungendo per un poco l'anima, rinfrescandola e rendendola di nuovo terra fertile su cui possono crescere le emozioni. Ed ho ascoltato, forse per la prima volta davvero, le parole scritte da Lennon...
“Whatever happened to the life that we once knew? Can we really live without each other?”
Cosa abbiamo fatto delle nostre vite? Come abbiamo potuto pensare come uomini e donne di poter vivere le nostre splendide esistenze in solitaria?
“Where did we lose the touch that seemed to mean so much?”
In quale curva della vita abbiamo perduto il tocco magico di capire che valiamo non in funzione di chi siamo, ma di ciò che diamo e con chi lo stiamo dando?
E, in quell'esatto istante, noi come “volcalab” stavamo facendo esattamente ciò che avevamo perso, ognuno con declinazioni differenti, riconquistando la bellezza e l'armonia dello stare assieme, del produrre εὐϕωνία “eufonia”, un buon suono.
Gli studiosi hanno scoperto che, in ogni attività umana fatta assieme, gli attori di quell'attività sincronizzano inconsapevolmente il proprio respiro con quello degli altri... e tutti respirano all'unisono. Succede quando si corre assieme, quando si fa l'amore, quando si canta...
In quel preciso momento ognuno di noi cantanti stava assorbendo la vita che sta nell'aria che respiriamo nello stesso istante e all'unisono, restituendola sotto forma di onda sonora, di “eufonia”.
E, in un certo senso, anche se per quel micro istante nelle nostre vite, eravamo un uno... ed eravamo finalmente liberi di esserlo... “free as a bird”...

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