17 gennaio 1944 - nessuno si senta escluso
So di certo dove fossero alle ore 13:20; con il cuore in gola erano tutti corsi giù per le scale, attraversato Piazza del Teatro, fino alla Svolta, davanti ad Ughetto, dove si apriva la scala verso il rifugio antiaereo, ricavato al piano superiore del fiume Urcionio, coperto da strade e usato come cloaca cittadina.
Erano abituati alle sirene, e forse non ci davano più gran peso... tranne Benedetto, che obbligava tutti a fuggire... ma lui per primo, con tanto di valigia già pronta all'uscio con il “necessaire” per la trasferta. Le sirene erano suonate altre volte... a vuoto. Questa volta, no. Questa volta le bombe caddero davvero.; all’una e un quarto, ora di pranzo, per fare più danno possibile evidentemente; le prime a Viale Trento. A Piazza della Rocca, forse amici di mio padre e di suo fratello, mentre aspettavano la corriera di Garbini, furono spazzati via... Frantumi dei loro corpi furono scaricati, assieme alle macerie, al Sacrario.
Entrando il rifugio, mio padre e suo fratello indugiarono sull'ingresso. Una guardia gli disse di entrare velocemente e di mettersi al sicuro; loro, spavaldi, risposero che quando avrebbero sentito il fischio della bomba in arrivo l'avrebbero fatto; la guardia rispose loro che avrebbero potuto sentire tutte le bombe arrivare, ma la bomba che li avrebbe uccisi, quella no. Si convinsero, e scesero le scale; ma, prima di arrivare al fondo, furono scaraventati dentro il rifugio dall'onda d'urto di una bomba ... che non avevano sentito. Dopo qualche istante, corsero in superficie, per vedere... Non so se davvero cercassero la guardia, o volessero solo capire se c'era ancora l'uscita. L'uscita c'era ancora... ma la guardia, quella che gli aveva salvato la vita facendogli fretta ad entrare, no.Viterbo si abituò alle bombe; credendo vi fosse il comando dell'Armata di Kesselring in città, gli Alleati la rasero praticamente al suolo; solo San Pellegrino fu risparmiato, perché un Capitano dell'Aviazione britannica era anche uno studioso di arte, e che ne conosceva il valore, chiese di evitare il più possibile che le bombe cadessero lì.
Stesso giorno, stesse ore, sul colle di Montefiascone. Chissà cosa stava facendo mia madre assieme alle sue sorelle? Anche loro forse attorno ai fornelli di mamma Ida. O forse alla Rocca, a contemplare la sagoma dei 50 quadrimotori americani Liberator diretti su Viterbo, per sganciare novanta tonnellate di bombe. E tutto agli occhi di una bimba di undici anni sembrava quasi un gioco... terribile, ma un gioco, guardando dall'alto di una pace apparente. La maggiore la trascinò via, verso casa...
Guardo le foto, cercando di immaginarmi mio padre e mia madre; di immaginare le loro emozioni, di provare a far battere il cuore veloce come pulsava il loro...
Le guardo, dall'alto della mia situazione di apparente pace... e rassomigliano così tanto a quelle che i tg mi mostrano ogni giorno... Kiev, Bucha, Irpin, Gaza, Yemen, Kabul...
Nessuno si senta al sicuro... Nessuno pensi o dica: "Non riguarda me."
La storia insegna: nessuno si senta escluso...



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